giornata sicurezza cure

Giornata Mondiale per la sicurezza delle cure e della persona assistita, l’impegno di Nuova Itor

Il 17 settembre, in tutto il mondo, si celebra la Giornata Mondiale per la sicurezza delle cure e della persona assistita. Un’occasione fondamentale per sensibilizzare operatori sanitari, caregiver e pazienti sull’importanza del loro ruolo nel garantire assistenza sanitaria sicura. Per l’occasione, Clinica Nuova Itor ha deciso di promuovere una campagna di comunicazione dedicata.

La sicurezza delle cure e dei pazienti è uno degli obiettivi strategici dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) e, per realizzarlo, è considerato fondamentale il coinvolgimento dei pazienti stessi e dei loro familiari. A tale scopo, l’OMS ha scelto di istituire la Giornata Mondiale della sicurezza delle cure e della persona assistita che si celebra il 17 settembre. Per l’occasione, le strutture sanitarie di tutto il mondo sono chiamate ad impegnarsi in un’attività di comunicazione e sensibilizzazione rivolta a operatori sanitari, caregiver, pazienti e loro parenti. Clinica Nuova Itor, negli anni, ha sempre scelto di aderire all’iniziativa, comprendendone il profondo valore, sottolineato anche dal Ministero della Salute.

Gli obiettivi dell’OMS

I risultati che l’Organizzazione Mondiale della Sanità vuole raggiungere con questa azione sono quattro:

  • Aumentare la consapevolezza sulla necessità di un coinvolgimento attivo di pazienti, famiglie e operatori sanitari in tutti gli ambienti e a tutti i livelli dell’assistenza sanitaria per migliorare la sicurezza dei pazienti;
  • Coinvolgere decisori politici, manager sanitari, operatori, caregiver e associazioni di pazienti, società civile e tutti i possibili interessati negli sforzi per coinvolgere malati e famiglie nelle politiche e nelle pratiche per un'assistenza sanitaria sicura;
  • Consentireai pazienti e alle loro famiglie di essere attivamente coinvolti nell’assistenza sanitaria e nel miglioramento della sicurezza della stessa;
  • Sostenereun’azione urgente, intrapresa da tutti i partner, finalizzata al coinvolgimento dei pazienti e delle famiglie, in linea con il Piano d’azione globale per la sicurezza del paziente 2021-2030.

L’impegno della Clinica Nuova Itor

In occasione dell’edizione 2023 della Giornata Mondiale per la sicurezza delle cure e della persona assistita, la Clinica Nuova Itor ha deciso di rinnovare il suo impegno proponendo una campagna di sensibilizzazione dedicata al tema, presente sul sito istituzionale e su tutti i suoi canali social. Lo slogan scelto è “Amplifica la voce del paziente – Insieme, per cure più sicure”, accompagnato da una grafica costituita da un mosaico di volti. L’intento è quello di richiamare l’attenzione sull’importanza della collettività nel garantire un’assistenza sanitaria senza rischi. Il tutto mantenendo sempre al centro della scena il paziente, il cui benessere deve essere sempre l’orizzonte a cui guardare.

Link utili

Ministero della Salute

Organizzazione Mondiale per la Sanità

Giornata sicurezza cure 2023


endoscopia digestiva

Nasce l’ambulatorio di endoscopia digestiva della Nuova Itor

Il nuovo servizio di endoscopia digestiva proposto dalla Clinica Nuova Itor offre la possibilità di effettuare gastroscopia e colonscopia a costi contenuti e in completa sicurezza. Dalle analisi preparatorie fino alla lettura del referto, gli specialisti della clinica sono pronti a garantire un supporto di alto livello a 360 gradi.

Presso la Clinica Nuova Itor di Roma è ora attivo un avanzato servizio di endoscopia digestiva, destinato a tutti coloro che hanno la necessità di sottoporsi a gastroscopia o colonscopia e desiderano farlo in una struttura sicura e qualificata, oltre che ad un prezzo accessibile.

Per il lancio del nuovo ambulatorio è stata predisposta un’apposita campagna di comunicazione e sensibilizzazione: “I viaggi che non faresti mai da solo”. Il servizio di endoscopia digestiva della Nuova Itor, infatti, si fa carico del paziente a tutto tondo, partendo dai test preparatori necessari per sottoporsi all’esame, e finendo con la lettura del referto da parte di un medico specialista in gastroenterologia. Inoltre, l’esame si svolge all’interno di una sala operatoria attrezzata con macchinari di ultima generazione, ulteriore garanzia di sicurezza ed efficacia.

(continua dopo l'immagine)

Nel dettaglio, i servizi offerti dall’ambulatorio di endoscopia digestiva sono:

  • pacchetto esami preparatori 35€ (il pacchetto comprende esami del sangue, elettrocardiogramma con valutazione cardiologica, tampone Covid).
  • gastroscopia 195€
  • colonscopia 255€
  • gastroscopia + colonscopia 420€

Prenota ora compilando il form


Plasma ricco di piastrine: breve guida al PRP applicato in ortopedia

Le infiltrazioni di plasma ricco di piastrine (la cui sigla è PRP) rientrano tra le terapie basate sull’uso non trasfusionale di emocomponenti. Si tratta di una pratica di medicina rigenerativa che ha tra i suoi ambiti di applicazione l’ortopedia, in particolare per la cura di tendinopatie e patologie articolari di ginocchio e anca. Di seguito, un breve guida in sei domande e risposte, per capire cos’è, come funziona e quali benefici dà il plasma ricco di piastrine.

Cos’è il PRP?

La sigla PRP, come anticipato, indica il cosiddetto plasma ricco di piastrine, che rientra nel novero delle terapie basate sull’utilizzo di componenti del sangue con finalità non trasfusionale.

In parole più semplici, queste terapie prevedono:

  • il prelievo di sangue dal paziente (mediante un semplice prelievo venoso dal braccio, come avviene per le comuni analisi del sangue);
  • la lavorazione in laboratorio del sangue prelevato;
  • l’infiltrazione del sangue lavorato nel paziente stesso, in apposite sedi.

Nel caso del PRP, sono le piastrine il componente del sangue su cui si concentra la lavorazione in laboratorio e che permette di raggiungere gli effetti terapeutici desiderati. Per questa ragione, prima di procedere con il trattamento, è opportuno sottoporsi ad esame dell’emocromo per verificare la conta piastrinica.

Nel PRP e nelle terapie affini si parla di uso non trasfusionale degli emocomponenti per due ragioni:

  • l’obiettivo non è quello proprio della trasfusione (cioè ripristinare la quantità di sangue presente nel corpo o correggere problemi di coagulazione);
  • l’uso del sangue è autologo, cioè avviene sulla stessa persona da cui è stato prelevato.

Come si ottiene il plasma ricco di piastrine?

Per ottenere il plasma ricco di piastrine utile per le infiltrazioni, il sangue prelevato viene sottoposto in laboratorio a un processo di centrifugazione e ultra-concentrazione. In sostanza, le diverse classi cellulari presenti nel campione vengono inizialmente separate, per poter identificare i componenti utili al trattamento (nel caso del PRP, il plasma), e poi concentrate in un volume più piccolo.

A cosa servono le infiltrazioni di PRP in ortopedia?

In ambito sanitario, le possibili applicazioni del plasma ricco di piastrine e delle altre terapie con emocomponenti sono molte. Questo tipo di interventi, infatti, rientra nell’ampio campo della medicina rigenerativa. Uno degli ambiti di applicazione più importanti è senza dubbio quello ortopedico, dove i risultati di questa tecnica sono migliori rispetto a quelli raggiunti dalle infiltrazioni con acido ialuronico o corticosteroidi. In ortopedia, infatti, il PRP si rivela utile soprattutto per tendinopatie (cioè patologie e sofferenze che riguardano il tendine, come “gomito del tennista” e “tendine di Achille”) e malattie articolari (soprattutto quelle che colpiscono anca e ginocchio). Nel primo caso, il plasma ricco di piastrine consente di rigenerare il tendine danneggiato. Nel secondo caso, invece, essendo la cartilagine una componente non rigenerabile, il PRP è utile per la forte azione antinfiammatoria che produce, migliorando notevolmente la qualità dea vita del paziente.

Quante infiltrazioni di plasma ricco di piastrine servono?

Il trattamento classico con PRP prevede l’esecuzione di 3 infiltrazioni a distanza di una settimana l’una dall’altra. In alcuni casi, il medico di riferimento può valutare di distanziare maggiormente le infiltrazioni, facendo passare due settimane.

Quanto durano gli effetti del PRP?

I benefici del trattamento con plasma ricco di piastrine e la loro durata nel tempo dipende dal tipo di patologie ortopedica che viene trattata e dalle condizioni specifiche del paziente. Come già sottolineato, nel caso di tendinopatia, il PRP consente di rigenerare il tendine e quindi le infiltrazioni portano alla completa guarigione. Solitamente, perciò, non sono necessari ulteriori successivi trattamenti. Nel caso delle patologie articolari, invece, vista l’impossibilità di ottenere la rigenerazione della cartilagine ma solo di contrastare l’infiammazione e quindi il dolore, l’obiettivo del PRP non è curativo e i suoi effetti non sono definitivi. E quindi possibili immaginare l’esecuzione di nuovi cicli di trattamento.

Il plasma ricco di piastrine è sicuro?

La terapia con PRP è assolutamente sicura per almeno tre buone ragioni:

  • l’intero processo è governato da procedure e protocolli stabiliti dal Ministero della Salute, che garantiscono qualità e sicurezza degli emocomponenti a uso no trasfusionale;
  • esiste un Centro Nazionale Sangue che periodicamente revisiona tutta la letteratura scientifica sul tema, per rendere disponibili delle indicazioni terapeutiche sicure ed efficaci;
  • le strutture che praticano le infiltrazioni di plasma ricco di piastrine vengono monitorate da un centro trasfusionale di riferimento (che nel caso della Clinica Nuova Itor è quello dell’Ospedale Sandro Pertini).

Contattaci

Puoi contattare direttamente l'ambulatorio PRP ai seguenti recapiti:

ambulatorioprp@clinicanuovaitor.it | +39 06 41602514


Intervento alla cistifellea: tutto quello che c’è da sapere

L’intervento di rimozione della colecisti, effettuato in laparoscopia (tecnica mininvasiva) comporta disturbi minimi per il paziente ma consente di risolvere un problema molto doloroso come quello dei calcoli biliari. In questo articolo, sono raccolte le risposte alle principali domande che riguardano la colecistectomia: dalla preparazione dell’intervento chirurgico fino al decorso post-operatorio.

Cose da sapere sull’intervento alla colecisti

Che cosa è colecistectomia laparoscopica?

La colecistectomia effettuata in laparoscopia è un intervento chirurgico mininvasivo che consiste nell’asportazione della colecisti e dei calcoli in essa contenuti.

Chi opera la cistifellea?

L’operazione della colecisti viene effettuata dal chirurgo generale con esperienza di chirurgia laparoscopica e di patologie delle vie biliari.

Cosa bisogna portare in ospedale e come prepararsi all’intervento di colecistectomia?

In ospedale è sufficiente portare il necessario per una breve degenza (di solito, due giorni). Per prepararsi all’intervento chirurgico, invece, è necessario rimanere a digiuno dalla sera prima e seguire le indicazioni igieniche che vengono fornite in pre-ospedalizzazione

Come viene fatto l'intervento di asportazione della colecisti?

Per effettuare la colecistectomia si praticano quattro piccole incisioni sulla parete addominale attraverso le quali verranno introdotti una telecamera e gli strumenti chirurgici. L’addome, che è una cavità virtuale, viene gonfiato con del gas (CO2) in modo da rendere possibile il distacco della colecisti dal fegato e la sua successiva estrazione attraverso una delle incisioni della parete. Completato l’intervento si rimuovono il gas e gli strumenti chirurgici.

Quanto dura l’operazione?

L’intervento di asportazione della colecisti dura in media 50 minuti.

Quanti giorni di degenza sono necessari?

In genere, per effettuare la colecistectomia sono sufficienti due giorni di degenza.

Che cosa comporta l’asportazione della cistifellea? Come si vive senza?

Molti pazienti vivono senza cistifellea senza avere problemi. Qualcuno, nei giorni successivi all’intervento di asportazione, accusa episodi di diarrea, che però di solito si risolvono spontaneamente e in breve tempo. In caso contrario, si può optare per un trattamento farmacologico risolutivo.

Che anestesia viene fatta per l’intervento di asportazione della colecisti?

L’intervento viene effettuato in anestesia generale

Cosa da sapere sul decorso post-operatorio

Quanto durano i dolori?

Essendo un intervento laparoscopico, le incisioni sono piccole e pertanto il dolore postoperatorio è perlopiù modesto, limitato alle prime ore e facilmente controllabile con i comuni analgesici.

Quando ci si può alzare?

La sera stessa della colecistectomia con l’aiuto del personale sanitario o al più tardi la mattina successiva con la ripresa dell’alimentazione.

Come bisogna comportarsi?

Nei primi giorni successivi all’operazione bisogna evitare di compiere sforzi fisici. La ripresa è comunque rapida, trattandosi di un intervento laparoscopico.

Cosa si può mangiare?

La ripresa dell’alimentazione deve essere graduale, evitando i cibi grassi.

Cosa si può bere e quanto?

La sera stessa dell’intervento si può cominciare a bere un po' d’acqua.

Come bisogna dormire?

Non ci sono indicazioni particolari sulla posizione da tenere durante il sonno dopo l’operazione.

Quando si può riprendere l’attività fisica?

Già il giorno dopo l’intervento, con gradualità.

Si tende ad ingrassare dopo aver rimosso la colecisti?

No, la rimozione della cistifellea non è collegata ad aumento di peso.

Quanti giorni di riposo/malattia sono necessari per il decorso post-operatorio?

In genere 20 giorni lavorativi.

 

Articolo revisionato dal Dottor Roberto Pirozzi, specialista in chirurgia generale presso la Clinica Nuova Itor


colecisti

Calcoli alla cistifellea, come si manifestano e come si curano

I calcoli biliari sono dei depositi solidi che si creano all’interno della cistifellea (o colecisti), piccolo organo dell’apparato digerente che immagazzina la bile per poi rilasciarla nell’intestino tenue. Anche se meno conosciuti dei calcoli renali, i calcoli della cistifellea provocano forte dolore e possono rendere necessario l’intervento chirurgico di rimozione della colecisti. Come e perché si formano i calcoli biliari? Quali sono i sintomi principali? Come bisogna comportarsi per prevenire questo disturbo? Di seguito, tutte le risposte a queste domande.

Calcoli biliari, calcoli alla colecisti, calcoli alla cistifellea. Tre nomi per indicare un’unica patologia. Ma cosa sono esattamente i calcoli biliari? Da un punto di vista medico, si tratta di depositi di materiale solido che si formano all’interno della cistifellea (detta anche colecisti), cioè un piccolo organo che fa parte dell’apparato digerente e ha il compito di immagazzinare la bile prodotta dal fegato. Nella maggior parte dei casi si tratta di “sassolini” di colesterolo. La formazione di calcoli biliari è piuttosto diffusa, ma spesso non provoca alcun disturbo, perché si tratta di depositi poco numerosi o di piccole dimensioni. Quando invece i calcoli si ingrandiscono possono ostruire la cistifellea e i dotti biliari e provocare dolore (colica), ittero e la pancreatite acuta. In questi casi, si rende necessario ricorrere a un intervento chirurgico di asportazione della cistifellea.

Come si manifestano i calcoli della coliciste: colica biliare e altri sintomi

Il dolore è senza dubbio il sintomo principale della presenza di calcoli nella colecisti, soprattutto nelle fasi acute della patologia. Si tratta di un dolore che colpisce con fitte violente la parte destra dell’addome, subito sotto le costole, e può protrarsi anche per alcune ore. La manifestazione dolorosa (che prende il nome di colica biliare) può essere talmente forte da richiedere il trasporto in pronto soccorso per alleviarla (un po’ come accade per le coliche renali).

Alle coliche biliari possono essere associati altri sintomi:

  • dispepsia (difficoltà a digerire soprattutto i cibi grassi)
  • nausea e vomito;
  • febbre;
  • ittero.

Le cause e i fattori di rischio dei calcoli biliari

Le cause della formazione di calcoli nella cistifellea sono da ricercare nella presenza, all’interno della bile, di sostanze in eccesso che tendono appunto a depositarsi. La casistica più diffusa, come già anticipato, è quella che prevede la formazione di calcoli di colesterolo, tipica del mondo occidentale. In questi casi, il fegato secerne una bile molto ricca di colesterolo e una parte di questo tende a depositarsi nella colecisti e a generare i calcoli biliari. Un’altra possibilità, meno frequente, è che i calcoli siano formati da bilirubina.

Ai fini della prevenzione della cura dei calcoli, però, è utile indagare le ragioni che possono portare ad un eccesso di colesterolo (o di bilirubina) e quindi alla loro formazione. I fattori di rischio sono molteplici:

  • cattive abitudini alimentari, che portano a un aumento di colesterolo nell’organismo;
  • obesità
  • repentina perdita di peso;
  • ereditarietà;
  • sesso femminile (le donne, infatti, risultano più esposte a questo disturbo);
  • età avanzata (la presenza di calcoli nella cistifellea è più frequente dopo i 65 anni);
  • etnia (la calcolosi biliare è piuttosto frequente nelle popolazioni indino-americane).

La diagnosi dei calcoli biliari: fattori di rischio ed esami consigliati

In presenza di una dei fattori di rischio indicati o dei sintomi elencati, è utile sottoporsi a esami specifici che permettono di individuare i calcoli, arrivare a una diagnosi esatta e comportarsi di conseguenza (cercando di prevenire un possibile peggioramento o iniziando una terapia risolutiva). L’esame più utile per intercettare i calcoli nella cistifellea è la ecografia. in aggiunta è possibile ricorrere a una colangio risonanza magnetica

Trattamento e cura dei calcoli alla cistifellea

Una volta correttamente diagnostica la presenza di calcoli nella colecisti, il medico specialista può valutare come procedere. Se i calcoli non hanno ancora causato dei disturbi e non hanno delle caratteristiche che li rendono più rischiosi ci si può limitate a monitorarne l’andamento nel tempo, andando a intervenire, nell’immediato, sui fattori di rischio controllabili in un’ottica di prevenzione (come l’alimentazione o l’attività fisica). Invece, nel caso la situazione lo richieda bisogna intervenire con un intervento chirurgico che consiste nell’asportazione per via laparoscopica della colecisti (colecistectomia) e dei suoi calcoli.

La prevenzione della calcolosi biliare: buone abitudini e cosa mangiare

Nei soggetti a rischio, la prevenzione svolge un ruolo fondamentale al fine di evitare la formazione o l’aggravamento dei calcoli nella cistifellea e quindi il verificarsi di coliche biliari. I principali accorgimento da seguire sono:

  • modificare la propria alimentazione, aumentando il quantitativo di fibre e diminuendo quello di grassi ed evitando di saltare i pasti o digiunare in modo prolungato;
  • svolgere regolare attività fisica, anche leggera;
  • seguire diete dimagranti equilibrate, che evitino drastiche e rapide perdite di peso.

Articolo revisionato dal Dottor Roberto Pirozzi, specialista in chirurgia generale presso la Clinica Nuova Itor


celiachia genetica

Predisposizione genetica alla celiachia, un test aiuta a scoprirla

La celiachia è una malattia multifattoriale il cui manifestarsi dipende in modo determinante anche dal patrimonio genetico: La presenza di specifici marcatori nel DNA, infatti, fa aumentare significativamente il rischio di sviluppare l’intolleranza al glutine. Per questo motivo, è importante conoscere se si ha una predisposizione genetica alla celiachia, indagandola attraverso uno specifico test.

In Italia, si stima ci siano circa 600 mila persone affette da celiachia, cioè circa l’1% della popolazione. Solo poco più di 230 mila celiaci, però, sanno di esserlo e quindi si curano adeguatamente. Nel 60% dei casi, quindi la celiachia risulta essere una malattia non diagnosticata, magari perché non dà sintomi o perché i segnali vengono confusi con quelli di altri disturbi. Le mancate o tardive diagnosi, però, rappresentano un problema, perché espongono il malato a rischi molto maggiori di subire danni anche gravi all’organismo. Per questa ragione, in ambito medico ci si sta impegnando in modo sempre più convinto per favorire la diffusione di metodologie che permettono di diagnosticare tempestivamente la celiachia, anche in assenza di sintomatologia specifica, o quantomeno di individuare le persone esposte al rischio di sviluppare la malattia.

Cos’è la celiachia e perché la diagnosi precoce è importante

Per comprendere bene l’importanza di queste indagini e della diagnosi precoce della celiachia però, è necessario fare una rapida premessa sulla natura di questa patologia, conosciuta genericamente come forma di intolleranza al glutine. In realtà, la celiachia è qualcosa di molto diverso da un’allergia alimentare. Si tratta, infatti, di una malattia autoimmune a causa della quale l’organismo umano, nel momento in cui viene consumato glutine, attiva una risposta immunitaria che danneggia la mucosa epiteliale dell’intestino tenue.  La celiachia può manifestarsi in fasi differenti della vita e con diversi livelli di gravità. Non curare la celiachia significa esporsi al rischio di malattie anche piuttosto serie, come ipertiroidismo, anemia, diabete di tipo 1, dermatite, infertilità e tumori intestinali.

Celiachia genetica, il ruolo del DNA nello sviluppo della malattia

Affinché si scateni la celiachia, quindi, c’è bisogno di due elementi:

  • la presenza di una mutazione genetica che determina la risposta autoimmune;
  • il consumo di alimenti contenenti glutine.

Da questo si deduce che la celiachia può insorgere solo in persone geneticamente predisposte. Più nel dettaglio, la predisposizione genetica riguarda la presenza nel DNA degli aplotipi HLA-DQ2/DQ8/DR4. In particolare, i DQ2 e DQ8 sono presenti in oltre il 95% dei pazienti celiaci.

Test per la predisposizione genetica alla celiachia: come funziona

I test attualmente disponibili per analizzare la predisposizione genetica alla celiachia hanno proprio l’obiettivo di verificare la presenza dei suddetti elementi del DNA. L’esecuzione del test è molto semplice, perché si realizza attraverso un normale prelievo di sangue. Sottoporsi a questa semplice analisi è particolarmente indicato per coloro che hanno in famiglia persone che soffrono di celiachia. È bene però precisare che, da solo, il test genetico per la predisposizione non equivale ad una diagnosi di celiachia. Infatti, è possibile essere predisposti allo sviluppo della malattia ma non ammalarsi mai (o ammalarsi in età più avanzata rispetto al test). Se le analisi risultano positive e viene accertata la predisposizione, è utile quindi effettuare ulteriori esami e visite per verificare se la celiachia sia effettivamente insorta.

Prenota il test genetico per la celiachia


giornata celiachia

Giornata della celiachia, fai il test alla Nuova Itor

La celiachia è una patologia che colpisce l’1% della popolazione ma che molto spesso non viene diagnosticata e quindi non può essere adeguatamente curata. In Italia, ad esempio, si stima che siano ben 600 mila i celiaci, ma solo poco più di 200 mila sanno di soffrire di questo disturbo (39%). Il primo passo verso una corretta diagnosi della celiachia è rappresentato dal test per la predisposizione genetica. Si tratta di un esame che permette di verifica se nel proprio DNA ci sono le “tracce della celiachia”. Ovviamente, essere geneticamente predisposti non significa sviluppare automaticamente la malattia. Saperlo, però, consente di fare tutti i successivi step diagnostici, anche in assenza di sintomi. Per questo motivo, la Clinica Nuova Itor propone il test genetico per la celiachia ad un costo ridotto del 15%. Per usufruire dell’iniziativa, è necessario scaricare un apposito voucher e prenotare le analisi entro il 16 giugno.


Prenditi cura di te, mamma!

In occasione della festa della mamma, la Clinica Nuova Itor offre la possibilità di scaricare un voucher che dà diritto a una riduzione del 40% sul pacchetto di analisi Check Up Donna (il cui costo, quindi, passa da 80 euro a 50 euro). Un'iniziativa per sensibilizzare sull'importanza della prevenzione, a tutte le età. Svolgere periodicamente delle analisi di routine, infatti, consente di intercettare precocemente eventuali patologie e di curarsi al meglio.

Il voucher è scaricabile dal 10 al 21 maggio ed utilizzabile fino al 31 maggio.

Il pacchetto di analisi check up donna comprende:

  • emocromo
  • glicemia
  • colesterolo tot
  • hdl
  • ldl
  • trigliceridi
  • ast
  • alt
  • gamma gt
  • bilirubinemia totale e frazionata
  • elettroforesi proteica
  • proteine totali
  • sodio
  • potassio
  • calcio
  • fosforo
  • pcr
  • azotemia
  • creatinina
  • omocisteina
  • vitamina d3
  • sideremia
  • ferritina
  • tsh
  • urine

 


Giornata mondiale dell'igiene delle mani, una campagna di sensibilizzazione per diffondere buone pratiche

Il 5 maggio si celebra la Giornata mondiale dell'igiene delle mani, promossa dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Un'occasione internazionale per sensibilizzare operatori sanitari, pazienti e caregiver sull'importanza di lavare e disinfettare correttamente le mani, al fine di garantire la salute propria e altrui. Il lavaggio corretto delle mani, infatti, sembra un gesto banale ed innocuo ed invece, in alcune circostanze, può salvare la vita. Gli anni di pandemia da Covid-19 hanno sicuramente contribuito ad aumentare questa consapevolezza e a diffondere atteggiamenti virtuosi che ora non vanno abbandonati.

Mani sicure in 4 mosse

In occasione della Giornata mondiale dell'igiene delle mani, la Clinica Nuova Itor ha deciso di lanciare e promuovere una campagna di sensibilizzazione per diffondere le buone pratiche igieniche e a fare formazione in un modo creativo e divertente. La campagna sarà articolata in quattro parti che ripercorrono altrettante fasi individuate dall'OMS come essenziali per avere mani pulite e sicure:

  • Igienizza le mani
  • Riconosci le occasioni
  • Applica i 5 momenti
  • Diffondi il messaggio

I 5 momenti dell'igienizzazione

In questa sequenza, particolare rilievo assumono i 5 momenti i cui gli operatori sanitari sono chiamati a igienizzarsi con cura le mani. Ad individuarli è la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità e sono i seguenti:

  • Prima di entrare in contatto con il paziente;
  • Prima di fare una manovra asettica;
  • Dopo l'esposizione ad un liquido biologico o dopo la rimozione dei guanti;
  • Dopo il contatto con il paziente o dopo l'uscita dalla sua stanza;
  • Dopo il contatto con un qualsiasi oggetto che si trovi in prossimità del paziente.

 


esami anemia

Anemia da carenza di ferro: cos’è, quali sono sintomi e cause e come si cura

L’anemia da carenza di ferro, detta sideropenica, è piuttosto diffusa, soprattutto tra le donne. Questa forma di anemia può essere causata da perdite di sangue, da mancata assunzione di ferro con l’alimentazione o da problemi nell’assorbimento di questo fondamentale composto. Il risultato è un calo dei valori dell’emoglobina e dell’ossigenazione del sangue che deve essere tempestivamente curato con integrazione o infusioni.

Cos’è l’anemia sideropenica

L’anemia è una patologia che colpisce il sangue e di cui esistono numerose varianti. Nel linguaggio comune, però, questa condizione è associata alla mancanza di ferro nel sangue. E in effetti, l’anemia da carenza di ferro, detta anche anemia sideropenica, è la forma più conosciuta e più diffusa. Ma perché il ferro è così importante per il corpo? La risposta è semplice: è una componente fondamentale dell’emoglobina, una molecola che si trova all’interno dei globuli rossi e che è responsabile del trasporto dell’ossigeno nel sangue.

Per la medicina, si può parlare di anemia da carenza di ferro quando il valore dell’emoglobina nel sangue è inferiore a:

  • 13 g/dl nell'uomo
  • 12 g/dl nella donna
  • 11 g/dl nella donna in gravidanza.

Questa ripartizione è utile anche per indagare i livelli di diffusione di questo disturbo, che ha un’incidenza molto maggiore tra le donne, soprattutto se in attesa di un bambino. Secondo le stime più recenti, infatti, è anemico per mancanza di ferro solo il 3% degli uomini, mentre la percentuale cresce nelle donne (20%) e in particolare tra le future mamme (50%).

Leggi anche: I valori normali del ferro

Le cause dell’anemia da mancanza di ferro

Le principali cause che possono scatenare l’anemia da mancanza di ferro sono:

  • Mancata assunzione di un quantitativo sufficiente di ferro: legata soprattutto a un’alimentazione non corretta, alla scelta di diete povere di carne (come quelle vegane o vegetariane, se non equilibrate) o alla presenza di disturbi alimentari (come l’anoressia e la bulimia);
  • Patologie che diminuiscono la capacità di assorbimento del ferro da parte dell’organismo: è il caso di celiachia, gastrite e Morbo di Crohn;
  • Emorragie ed eccessive perdite di sangue: è il caso, ad esempio, delle mestruazioni femminili soprattutto se abbondanti ma anche di possibili perdite occulte interne all’organismo, come in presenza di ulcere, polipi, tumori o infiammazioni intestinali;
  • Gravidanza e allattamento: sono fasi della vita di una donna in cui la carenza di ferro può manifestarsi a causa di un aumento del fabbisogno;
  • Chirurgia bariatrica.

I sintomi della carenza di ferro

Nel trattamento dell’anemia è importante la diagnosi precoce, perché permette di approntare tempestivamente cure adeguate ed evitare le conseguenze più spiacevoli di questa patologia. Ecco perché è fondamentale prestare attenzione ai campanelli di allarme.

I principali sintomi dell’anemia da carenza di ferro sono:

  • Affaticamento;
  • Debolezza;
  • Pallore;
  • Respiro corto;
  • Mal di testa;
  • Vertigini;
  • Irritabilità;
  • Difficoltà di concentrazione;
  • Sonno disturbato;
  • Fragilità di unghie e capelli;
  • Mani e piedi freddi;
  • Formicolio alle gambe.

Molti di questi sintomi, è bene precisarlo, sono comuni anche ad altre forme di anemia.

Gli esami e le analisi per diagnosticare l'anemia

Prevenzione e cura dell’anemia da carenza di ferro

A seconda delle cause da cui ha origine la mancanza di ferro, è possibile intervenire sull’anemia in modo diverso, sia in un’ottica di prevenzione che di cura.

Per quanto riguarda la possibilità di prevenire l’insorgenza di questa patologia, è senza dubbio di fondamentale importanza curare l’alimentazione. Come detto, infatti, spesso l’anemia da carenza di ferro è frutto di una scarsa assunzione dello stesso attraverso i cibi. Una dieta equilibrata, magari impostata da un dietologo, permette invece di dotarsi del giusto apporto. Tra i cibi consigliati ci sono senza dubbio carne (soprattutto quella rossa) e pesce ma anche le verdure a foglia verde, i legumi e la frutta secca.

Nel caso di anemia già conclamata o dovuta a fattori diversi dalla dieta, però, cambiare regime alimentare può non essere sufficiente a reintegrare i giusti livelli di ferro. In questo caso, le possibili terapie sono:

  • Integrazione a base di solfato ferroso da assumere per via orale;
  • Infusione endovenosa di ferro (carbossimaltosio ferrico o derismomaltosio ferrico).

Ovviamente, sarà necessario anche agire in parallelo per rimuovere le cause che provocano la diminuzione del ferro nel sangue (ad esempio, fermando le emorragie o trattando le patologie collegate).

Visita l’ambulatorio anemia della Clinica Nuova Itor

 

Articolo revisionato dal Dottor dottor Elias Attalla, responsabile dell’ambulatorio anemia presso la Clinica Nuova Itor