Diabete gestazionale: sintomi e rischi per la gravidanza della glicemia alta
Il diabete gestazionale riguarda il 7% delle gravidanze e mette in pericolo sia la mamma che il bambino. Le cause e i fattori di rischio che portano all’insorgenza del diabete in gravidanza sono molteplici ed è importante conoscerli per arrivare a una diagnosi precoce e per approntare le cure migliori.
Uno dei monitoraggi più importanti che si effettuano durante la gravidanza è quello dei valori della glicemia. Per una donna incinta, infatti, è di fondamentale importanza diagnosticare tempestivamente e curare l’eventuale insorgenza di diabete gestazionale, una patologia piuttosto diffusa (si stima che incida sul 7% circa delle gravidanze) e potenzialmente rischiosa sia per la madre che per il bambino. Allo stesso tempo, però, è bene precisare che, allo stato attuale delle conoscenze mediche, i pericoli connessi al diabete gravidico possono essere efficacemente monitorati e evitati. L’importante è avere consapevolezza della severità della malattia e delle sue caratteristiche e non sottovalutarla. Per questo, nell’approfondimento che segue, vengono affrontate le questioni principali legate al diabete gestazionale: cos’è, quali sono cause e fattori di rischio, che pericoli comporta per donna e feto e come si cura.
Cos’è il diabete gestazionale
La definizione di diabete gestazionale è piuttosto semplice: è una forma diabetica che insorge per la prima volta durante la gravidanza. Va distinto, quindi, dai casi di diabete pre-gestazionale, che si verificano quando una donna che ha già una diagnosi di diabete rimane incinta. Nella sostanza, però, poco cambia: in tutti i casi di diabete ci si trova di fronte a un’alterazione dell’ormone dell’insulina che provoca un aumento della quantità di glucosio presente nel sangue.
Come riconoscere il diabete gestazionale: i sintomi
Trattandosi della stessa, con l’unica differenza del momento particolare in cui si manifesta, i sintomi del diabete gestazionale non differiscono da quelli del diabete mellito che colpisce persone non in gravidanza. Le manifestazioni principali da tenere sotto controllo sono:
- Aumento della necessità di fare pipì;
- Aumento della sete;
- Aumento della fame;
- Affaticamento;
- Offuscamento della vista;
- Infezioni frequenti.
La diagnosi del diabete gestazionale e i valori della glicemia nelle donne in gravidanza
La diagnosi del diabete gestazionale prevede:
- l’esecuzione sia del normale screening per il diabete, con la misurazione della glicemia a digiuno e dopo i pasti (1 ora dopo; nel DM non gravidico la misurazione post-prandiale si effettua 2 ore dopo);
- l’esecuzione della curva glicemica da carico orale (OGTT), che prevede la misurazione della glicemia dopo aver somministrato alla donna un carico di glucosio.
Per quanto riguarda il classico screening diabete, i valori di riferimento della glicemia sono:
- <90 mg/dl a digiuno;
- <120 mg/dl dopo 1 ora dal pasto.
La curva glicemica sotto carico, invece, viene solitamente effettuata nel periodo compreso tra le settimane 24 e 28. Nei casi in cui il rischio di diabete gestazionale sia elevato (grave obesità, precedente diabete in gravidanza o glicemia a digiuno sopra 125 mg/dl a inizio gravidanza), l’esame deve essere anticipato alla 16° settimana. Per questo test, i valori di riferimento sono:
- <95 mg/dl subito dopo l'assunzione della soluzione glucosata;
- <180 mg/dl dopo 1 ora;
- <155 mg/dl dopo 2 ore.
E’ sufficiente un solo valore alterato in curva per arrivare a una diagnosi di diabete gestazionale.
Leggi di più sulla giusta alimentazione per diabetici
Le cause e i fattori di rischio del diabete in gravidanza
Le cause dell’insorgenza del diabete gestazionale sono collegate ai naturali e fisiologici cambiamenti che il corpo femminile subisce durante la gravidanza, soprattutto a livello di produzione ormonale. In particolare, a variare possono essere i livelli di insulina prodotti (che diminuiscono) o la capacità dell’insulina di svolgere la propria funzione (cosiddetta insulino-resistenza). Il diabete gestazionale, però, è strettamente legato all’esistenza di specifici fattori di rischio, che rendono necessario un attento monitoraggio. I più comuni sono:
- Condizione di sovrappeso o obesità (BMI superiore a 25);
- Familiarità con il diabete (parenti di primo grado);
- Sviluppo di diabete gestazionale in una precedente gravidanza;
- Età superiore ai 35 anni;
- Appartenenza ad etnie a rischio elevato (come le popolazioni dell’Asia meridionale o del Medio Oriente);
- Glicemia a digiuno superiore a 125 mg/dl già ad inizio gravidanza.
I rischi del diabete gestazionale
Il motivo per cui il diabete gestazionale va diagnosticato presto e curato con scrupolo è dovuto al fatto che l’eccesso di glucosio nel sangue può provocare difficoltà nella gravidanza e nel parto, mettendo in pericolo la salute della mamma e del bambino.
Cosa può succedere alla mamma?
Per la donna incinta, i rischi maggiori sono legati alle difficoltà che si possono riscontrare al momento del parto. Il feto di una donna affetto da diabete, infatti, può svilupparsi maggiormente ed essere quindi più grande della media alla nascita (macrosomia). Questo si traduce spesso nella necessità di ricorrere al parto cesareo. Inoltre, le donne con diabete gestazionale hanno più possibilità di sviluppare il diabete mellito nei 5 anni seguenti alla gravidanza.
Cosa può succedere al bambino?
Per il feto, invece, i rischi sono legati all’incrementata incidenza di aborti spontanei ma anche disturbi alla nascita come:
- ipoglicemia: la recisione del cordone ombelicale che avviene al momento del parto interrompe il fuso di glucosio in eccesso a cui il neonato era abituato nel ventre materno mentre il corpo del bambino continua a produrre alti livelli di insulina, e questo può tradursi in un drastico abbassamento della glicemia;
- difficoltà respiratorie: iperglicemia e iperinsulinemia rallentano lo sviluppo dei polmoni.
Glicemia in gravidanza: come tenerla sotto controllo e curare il diabete
Alla luce di quanto detto finora, appare evidente come, una volta ottenuta la tempestiva diagnosi di diabete gestazione, sia di fondamentale importanza seguire un’attenta terapia, impostata da un medico specialista. I rimedi contro il diabete gestazionale sono:
- Controllo quotidiano della glicemia
- Cura dell’alimentazione: seguendo una dieta personalizzata impostata dal medico di riferimento, con predilezione per i cibi a basso indice glicemico e un adeguato apporto di frutta e verdura;
- Terapia farmacologica: necessaria nei casi più gravi o quando la dieta non sia sufficiente a riequilibrare i valori della glicemia, prevede l’assunzione di compresse di metformina o la somministrazione di insulina attraverso iniezioni.
Articolo revisionato dalla dott.ssa Barbara Pirozzi, specialista in endocrinologia e diabetologia presso la Clinica Nuova Itor
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Giornata Mondale del Rene, metti al sicuro la tua vista dal nemico più insidioso
Il 9 marzo, in occasione della Giornata Mondiale del Rene, la Clinica Nuova Itor organizza una giornata di check up gratuito con i medici specialisti dell’ambulatorio di nefrologia. L’open day prevede incontro con il nefrologo, stick urine e misurazione della pressione. La prenotazione online è obbligatoria.
La Giornata Mondiale del Rene
Secondo le stime più accreditate, nel mondo ci sono oltre 850 milioni di persone affetta da disturbi ai reni. infatti, tra le patologie croniche, quelle che colpiscono l’apparato renale sono le più diffuse e la mortalità ad esse correlata è purtroppo in crescita. Per questo, è importante prendersi cura dei propri reni, sottoponendosi a controlli periodici che permettano di diagnosticare tempestivamente eventuali disturbi. La prevenzione, infatti, gioca un ruolo fondamentale nel trattamento di malattie come l’insufficienza renale. È con questo spirito che l’Organizzazione Mondiale della Sanità promuove ogni anno una giornata internazionale dedicata al rene e alla sua tutela. In questa occasione, molte strutture sanitarie organizzazione specifiche iniziative a sostegno della salute nefrologiche, per diffondere la cultura della prevenzione.
Per saperne di più sulle patologie renali, puoi leggere i seguenti approfondimenti, a cura degli specialisti in nefrologia della Clinica Nuova Itor:
Prevenzione reni: screening gratuito alla Clinica Nuova Itor
Proprio in occasione della Giornata Mondiale del Rene, la Clinica Nuova Itor ha scelto di organizzare una giornata speciale dedicata alla prevenzione contro le patologie nefrologiche. A coloro che aderiranno verrà data la possibilità di sottoporsi gratuitamente ad un check up di screening, con prenotazione obbligatoria.
L’iniziativa è in programma per giovedì 9 marzo, dalle 9 alle 17.
Il pacchetto di check up comprende:
- Consulto con il nefrologo;
- Esame stick delle urine (è quindi necessario presentarsi con un campione già raccolto);
- Misurazione della pressione.
Urinare spesso di notte, 4 domande per conoscere meglio la nicturia
La nicturia, cioè la frequente minzione notturna, è un disturbo che può apparire banale ma che in realtà può avere diverse cause, alcune anche piuttosto serie. Quindi, i rimedi per smettere di urinare spesso la notte dipendono dalle origini del problema. Per questo motivo, è bene arrivare rapidamente a una diagnosi, rivolgendosi a un medico specialista.
Doversi alzarsi spesso durante la notte per andare a urinare è fastidioso, perché si interrompe il normale ritmo del sonno. Soprattutto, però, la nicturia (questo il nome preciso della minzione frequente notturna) può configurarsi come una vera e propria patologia e nascondere un problema più serio e quindi merita di essere approfondita mediante visita specialistica. Di seguito, un breve approfondimento dedicato a questo tema, con quattro domande e risposte, per conoscere le informazioni principali.
Quante volte è normale andare in bagno di notte?
Considerando che un adulto dorme circa 6-8 ore per notte, in assenza di patologie o di circostanze particolari (come una cena durante la quale si è bevuto molto), non dovrebbe essere necessario alzarsi per urinare. Un apparato urinario ben funzionante, soprattutto se svuotato prima di coricarsi, può tranquillamente resistere fino alla mattina seguente. Però, anche alzarsi una sola volta per la minzione notturna è da considerarsi normale.
Quanta acqua bere ogni giorno?
Quando si può parlare di nicturia?
Alla luce della risposta alla domanda precedente, si può parlare di nicturia quando ci si sveglia più di una volta ogni notte per andare in bagno ad urinare. Ovviamente, è bene ribadire che il fenomeno deve ripetersi con frequenza tutte le notti (o quasi) e non essere legato ad episodi eccezionali.
A cosa è dovuta la minzione notturna frequente? Le cause della nicturia
Le cause della nicturia possono essere diverse, alcune sono di natura fisica, altre di origine psichica. Inoltre, per alcuni fattori scatenanti è utile fare una distinzione tra uomo e donna, anche in ragione della diversa conformazione dell’apparato urinario.
Tra le cause di nicturia che prescindono dal sesso, si possono elencare:
- Poliuria;
- Infezioni delle basse vie urinarie;
- Cistiti;
- Incontinenza urinaria (es disfunzione della vescica);
- Diabete;
- Insufficienza renale;
- Nefrite;
- Patologie neurologiche (come morbo di Parkinson o sclerosi multipla);
- Assunzione di farmaci es diuretici
- Disturbi del sonno;
- Disagio psichico nello spettro del disturbo d’ansia.
Inoltre, nell’uomo, la nicturia è spesso causata da problemi alla prostata, come prostatite o iperplasia prostatica benigna, più raramente a causa di un tumore. Nelle donne, invece, cause specifiche di minzione notturna frequente possono essere la gravidanza e la menopausa.
Leggi anche l’approfondimento sui sintomi precoci del diabete
Cosa fare per eliminare la nicturia ed evitare di urinare spesso la notte? I possibili rimedi
I rimedi contro la nicturia differiscono a seconda delle cause del disturbo. In linea generale, quando si tratta di un fastidio di lieve entità e non associato a patologie, può essere sufficiente assumere alcune buone abitudini, come limitare il consumo serale di liquidi e svuotare la vescica prima di coricarsi.
In alcuni casi, per intervenire sul sintomo è efficace anche la terapia farmacologica, con farmaci che regolano l’iperattività della vescica.
Interventi davvero risolutivi, però, sono possibili solo indagando bene le origini della minzione notturna frequente e agendo sulla patologia da cui scaturisce. In alcuni casi la nicturia è l’unico sintomo di una significativa insufficienza renale che è bene diagnosticare per tempo per mettere in atto la terapia di profilassi della funzione renale residua.
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Articolo revisionato dagli Specialisti in Nefrologia presso la Clinica Nuova Itor di Roma
Misurare la glicemia: valori normali, alti e bassi negli adulti e negli anziani
Quali sono i valori normali della glicemia? Quando la glicemia è troppo alta o troppo bassa? Di seguito, un breve approfondimento su un test fondamentale per la diagnosi di diabete o per il monitoraggio della terapia di chi ne è già affetto.
La glicemia misura quanto glucosio è presente nel sangue. Misurare i livelli di glicemia, quindi, è fondamentale per identificare e diagnosticare i casi di prediabete e diabete, nelle varie forme che può assumere questa patologia (come il diabete mellito o quello gestazionale). Inoltre, nei pazienti che hanno già una diagnosi di diabete, la misurazione della glicemia è un fondamentale strumento di monitoraggio, per comprendere se la terapia a cui sono sottoposti sta funzionando o se ha bisogno di correttivi (ad esempio, nel dosaggio dell’insulina). Ma quali sono i valori normali della glicemia da utilizzare come riferimento? Quando si parla di iperglicemia e quando di ipoglicemia?
Quali sono i sintomi precoci del diabete?
Come e quando misurare la glicemia
Prima di rispondere a queste due cruciali domande, è utile fare una rapida premessa su quando e come misurare correttamente la glicemia. Il test più comune è quello della glicemia a digiuno, che può essere eseguito:
- con prelievo endovenoso, come qualsiasi tipologia di analisi del sangue;
- con glucometro (in auto misurazione), utilizzando il sangue capillare.
Il test della glicemia con l’apposita macchinetta è piuttosto semplice: basta disinfettarsi la punta del dito, pungerlo e far assorbire una goccia di sangue sulla striscia reattiva, che poi viene letta dal glucometro.
Trattandosi di glicemia a digiuno, l’esame va eseguito la mattina, prima di consumare qualsiasi cibo. Ai pazienti diabetici, può essere richiesto di eseguire l’esame in auto misurazione anche due ore dopo i pasti e prima di andare a dormire.
Quando i valori della glicemia a digiuno risultano troppo alti o quando sussistono particolari circostanze (come la gravidanza), il medico curante può prescrivere l’esecuzione della cosiddetta curva glicemica, cioè un test della glicemia che viene eseguito dopo la somministrazione di un carico di glucosio. Questo esame, però, può essere effettuato solo presso laboratorio di analisi e non in autonomia.
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I valori normali di riferimento della glicemia: la tabella
È considerato normale un valore della glicemia a digiuno compreso tra 70 e 99 mg/dl. Sotto questo livello, quindi, si può parlare di ipoglicemia, sopra di iperglicemia. Per una diagnosi di diabete, però, la glicemia deve superare i 126 mg/dl in due diverse misurazioni. Di seguito, una tabella riepilogativa dei valori della glicemia (a digiuno e sotto carico): normali, alti e bassi.
Articolo revisionato dalla dott.ssa Barbara Pirozzi, specialista in endocrinologia e diabetologia presso la Clinica Nuova Itor
Dieta per diabetici: consigli alimentari, tra falsi miti e buone abitudini
L’alimentazione, per i diabetici, è un tema chiave. Seguire una dieta corretta, infatti, è fondamentale sia per prevenire l’insorgenza del diabete, sia per tenerlo sotto controllo se già se ne è affetti. Ma qual è la dieta giusta per un diabetico? Cosa deve mangiare e quali cibi deve evitare? Vista l’importanza dell’argomento, è bene fare un po’ di chiarezza, anche alla luce delle informazioni fuorvianti che circolano.
L’alimentazione è sempre e comunque un fattore da tenere sotto controllo se ci si vuole mantenere in salute. Questo principio, però, assume ancora più valore se si soffre di specifiche patologie, su cui il cibo ha un impatto molto forte. Tra queste c’è senza dubbio il diabete che comporta una presenza eccessiva di glucosio nel sangue. Mangiare bene aiuta sia nella prevenzione (sovrappeso e obesità sono fattori di rischio), sia nella cura di questa malattia. Per i diabetici, quindi, l’alimentazione è un tema fondamentale. Purtroppo, però, quello della dieta per diabetici è anche un argomento su cui circolano informazioni contrastanti, soprattutto sul web. Quindi, è opportuno fare chiarezza, partendo da valutazioni esclusivamente mediche e scientifiche.
Quali sono i sintomi precoci del diabete?
Diabete e dietoterapia, quando l’alimentazione diventa una medicina
Prima di addentrarsi nella discussione su cosa e come deve mangiare un diabetico, però, è bene fare una premessa. Programmare l’alimentazione di una persona che soffre di diabete in modo che questa sia da supporto nel percorso di cura è compito di un professionista specializzato in diabetologia. Tanto è vero che, in questi casi, si parla di vera e propria dietoterapia, cioè di una terapia attuata anche attraverso la dieta. In quest’ottica, il cibo diventa una medicina. Sono quindi da rifiutare completamente gli approcci “fai da te”, visto che il diabete è una patologia molto seria che, se trascurata, può avere conseguenze gravi. Nell’articolo che segue, quindi, sono elencati dei semplici consigli di buone pratiche che non possono in alcun modo sostituirsi al consulto medico.
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L’organizzazione dei pasti: quando e come mangiare se si soffre di diabete (h2)
Fatta questa doverosa premessa, è possibile iniziare ad approfondire il tema della dieta per diabetici partendo da alcuni principi generali che hanno a che fare con a struttura dell’alimentazione e con l’organizzazione dei pasti nella giornata.
Per quanto riguarda la ripartizione dei macronutrienti da consumare durante le 24 ore, è consigliabile attenersi a questo schema:
- Carboidrati: quota tra il 45% e il 60% delle calorie totali, limitando al 5-10% gli zuccheri semplici;
- Proteine: quota tra il 10 e il 25% delle calorie totali;
- Grassi: quota tra il 25% e il 35% delle calorie totali, mantenendo però sotto il 10% i grassi saturi.
Rispetto alla ripartizione dei macronutrienti tra i pasti, è meglio mantenere un sostanziale equilibrio tra i tre principali: colazione, pranzo e cena. Inoltre, è fondamentale per un diabetico evitare lunghi periodi di digiuno, interrompendoli con degli spuntini leggeri.
Cosa può mangiare un diabetico?
Vediamo ora quali sono i cibi migliori con cui un diabetico dovrebbe comporre i propri pasti. L’errore più frequente che si compie quando si scopre di essere diabetici è tagliare drasticamente via dalla propria dieta tutti i carboidrati. In realtà, l’apporto degli zuccheri è fondamentale per far funzionare correttamente il corpo, quindi bisogna continuare a consumarli ma con qualche accortezza come:
- Prediligere i carboidrati complessi o amidi a lento assorbimento, che permettono di evitare i picchi glicemici (ad esempio: pasta, pane, riso, prodotti da forno, patate, legumi), con una preferenza per i prodotti integrali;
- Prediligere i dolcificanti a zucchero e miele (seppure sempre in quantità limitata).
Al di là dei carboidrati, è consigliato il consumo di:
- Carne bianca e pesce (soprattutto quest’ultimo, perché ricco di omega3);
- Verdure in foglia;
- Noci e frutta secca (con moderazione).
Quali cibi non deve mangiare un diabetico?
Veniamo ora alla seconda domanda chiave: quali alimenti deve evitare chi ha il diabete? La regola generale è sempre la stessa: nulla va abolito completamente ma bisogna moderare il consumo di alcuni cibi.
In particolare, le buone abitudini da seguire sono:
- Limitare il consumo di zuccheri semplici, (miele, zucchero, frutta, succhi, latte e yogurt);
- Limitare il consumo di dolci;
- Limitare il consumo di formaggi e latticini;
- Ridurre drasticamente il consumo di bibite zuccherate;
- Fare attenzione ai cibi light, perché spesso sono poveri di zuccheri ma ricchi di grassi;
- Limitare l’assunzione di acolici.
Articolo revisionato dalla dott.ssa Barbara Pirozzi, specialista in endocrinologia e diabetologia presso la Clinica Nuova Itor.
Varicocele pelvico, diagnosi e cura di una patologia femminile poco conosciuta
Il varicocele femminile, a differenza del varicocele maschile, è una patologia poco conosciuta. Denominata anche sindrome da congestione pelvica, questo disturbo comporta una dilatazione anomala delle vene pelviche (ovariche o iliache inferiori), con conseguente ristagno del sangue. In questo approfondimento, vengono analizzati sintomi, cause e possibili trattamenti del varicocele pelvico femminile.
Ebbene sì, anche le donne possono soffrire di varicocele, come accade frequentemente agli uomini. Ovviamente, vista la differente struttura fisica tra uomo e donna, il varicocele femminile, detto anche varicocele pelvico o sindrome da congestione pelvica, si manifesta in modo diverso. In entrambe i casi, però, l’elemento su cui si fonda il disturbo è lo stesso: un’anomala dilatazione delle pareti delle vene che fanno defluire il sangue nella zona pelvica. Si tratta di una patologia molto diffusa ed anche ampiamente sotto diagnosticata, visto che può presentarsi senza sintomi. È maggiormente diffusa tra le donne in età fertile, mentre è raro che il varicocele pelvico insorga prima della pubertà o dopo l’inizio della menopausa.
Cos’è il varicocele femminile: definizione e tipologie
Volendo tracciare una definizione più precisa, si può affermare che il varicocele femminile è una dilatazione che può interessare:
- le vene ovariche di destra o di sinistra (che hanno il compito di far defluire il sangue transitato dalle ovaie;
- le vene iliache interne di destra o di sinistra (che fanno defluire il sangue transitato per i distretti pelvici).
In entrambe i casi, la dilatazione delle pareti venose comporta un ristagno di sangue, che è la causa del dolore localizzato (sintomo principale del varicocele), e talora essere responsabile della formazione di varici degli arti inferiori. Tale vasodilatazione è molto simile a quella che si osserva nel fenomeno delle vene varicose.
Se la dilatazione interessa le vene di entrambe i lati della zona pelvica, si parla di varicocele bilaterale.
I sintomi e la diagnosi del varicocele pelvico
Ma come si fa ad accorgersi di avere il varicocele femminile? Ovviamente la diagnosi effettiva della malattia può avvenire solo ad opera di un medico specialista in flebologia, previo svolgimento di appositi esami, come l’ecografia transvaginale, la TC multistrato, la venografia o l’angio-risonanza magnetica. Ci sono, però dei sintomi che possono far sospettare ad una donna la presenza di varicocele pelvico e spingerla a rivolgersi ad un dottore.
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Tra i sintomi più comuni della sindrome da congestione pelvica ci sono:
- fastidio localizzato, più o meno intenso (in alcuni casi non si avverte un vero e proprio dolore ma la sensazione di “qualcosa che tira”);
- pesantezza degli arti inferiori;
- dolore durante i giorni del ciclo mestruale;
- dolore durante i rapporti sessuali;
- dolore quando di urina;
- urgenza urinaria e incontinenza da stress;
- irritabilità dell’intestino
Le cause della sindrome da congestione pelvica
In un caso di varicocele pelvico, la stagnazione del sangue nelle vene può essere dovuta a due cause:
- malfunzionamento delle valvole presenti sulle pareti venose, che hanno il compito di favorire la progressione del sangue verso il cuore;
- presenza di un elemento esterno che comprime le vene e ostacola il corretto deflusso del sangue.
Nel primo caso, a provocare la stagnazione è soprattutto l’azione combinata del malfunzionamento e della vasodilatazione delle vene pelviche. Tale dilatazione, a sua volta, può essere favorita dagli ormoni femminili prodotti naturalmente dal corpo nell’età fertile (e questo spiegherebbe anche la minore incidenza della patologia nelle bambine e nelle donne in menopausa).
Nel secondo caso, invece rientrano le ipotesi di varicocele femminile emerso durante la gravidanza, perché il corpo estraneo che preme sulle vene è proprio il feto presente nell’utero.
Come si cura il varicocele femminile: il trattamento farmacologico e l’operazione chirurgica minivasiva
Curare il varicocele femminile significa andare a ridurre la dilatazione delle vene. Questo risultato si può ottenere in due modi:
- tramite trattamento farmacologico;
- tramite intervento chirurgico mininvasivo di sclero-embolizzazione.
I farmaci che il medico può somministrare contro il varicocele pelvico sono essenzialmente medicinali ormonali e antidolorifici. Tra i più utilizzati ci sono il medrossiprogesterone acetato e la goserelina.
Quando la terapia farmacologica risulta inefficace o quando la situazione lo richiede, il medico può optare per l’intervento chirurgico, che consiste in un’operazione di sclero-embolizzazione (precisamente: sclero-embolizzazione venosa pelvica). Il trattamento viene svolto con tecnica mininvasiva e comporta l’introduzione all’interno delle vene dilatate di sostanze sclerosanti.
Articolo revisionato dal dottor Roberto Pirozzi, specialista in chirurgia generale, angiologia e flebologia presso la Clinica Nuova Itor
Bere troppa acqua: cosa comporta e perché fa male
Bere molta acqua può anche fare male. L’intossicazione da acqua, infatti, può causare iperidratazione, che a sua volta determina serie conseguenze a danno di cuore, reni e cervello. Ma quando si può dire di aver bevuto troppa acqua? Quali sono i sintomi e le conseguenze? Si seguito, un approfondimento dedicato a questo tema poco dibattuto.
Bere poco fa male, è risaputo. Ma anche bere troppa acqua fa male, anche se è un tema molto meno discusso. In generale, quindi, si può dire che per il consumo di acqua vale il buon senso che insegna che gli eccessi sono dannosi. Ma come si fa a stabilire quando si sta bevendo troppo e quindi si rischia di incappare in un’intossicazione da acqua? In linea di massima, un adulto di media corporatura dovrebbe consumare tra i 2 e i 2,5 litri al giorno di acqua. Superare questa soglia, però, non significa andare automaticamente in eccesso di consumo e quindi mettere a rischio la salute a meno di preesistenti patologie del ricambio idrosalino. Il corpo umano, infatti, può tranquillamente gestire fino a 4-5 litri di acqua consumati in un giorno, soprattutto se associati, ad esempio, ad intensa attività fisica.
Le cause che spingono a bere troppo: sete intensa e cattive abitudini
La principale ragione che spinge a bere è l’avvertire il senso di sete.
La sete intensa che porta ad assumere elevati quantità di acqua (polidipsia), può essere la spia di una patologia (diabete mellito, diabete insipido, diabete gestazionale, insufficienza renale cronica) o di una condizione di disidratazione (a sua volta conseguenza di febbre, sudorazione eccessiva, perdite gastrointestinali, abuso di alcol, etc). Un aumento del bisogno di bere, infine, può anche nascere dall’assunzione di farmaci che determinano secchezza delle fauci (bocca secca) come alcuni antipertensivi, antidepressivi etc.
In altre circostanze, invece, la sete eccessiva si qualifica come erronea abitudine al bere molto; tale abitudine può arrivare a configurare un quadro di cosiddetto disturbo alimentare (al pari dell’anoressia o della bulimia) che rientra quindi tra le patologie psichiatriche. In questi casi di parla di polidipsia psicogena.
Calcola quanto dovresti bere ogni giorno
Sintomi e segnali che stai bevendo troppo
L’eccessivo consumo di acqua è solitamente segnalato dalla comparsa di sintomi specifici, in alcuni casi simili a quelli di chi beve troppo poco. I più ricorrenti sono:
- Aumentato stimolo di urinare (poliuria);
- Nausea;
- Mal di testa;
- Stanchezza;
- Debolezza;
- Convulsioni;
- Edema o gonfiore degli arti.
Cosa comporta bere troppo: le conseguenze negative dell’iperidratazione
Al di là dei segnali immediati, ciò che più deve destare preoccupazione sono le conseguenze di lungo periodo dell’eccesso e dell’intossicazione da acqua (acuta o cronica), soprattutto a danno di cuore, cervello e in rari casi dei reni.
Quando si beve troppa acqua, infatti, i reni oltre un certo limite non riescono a filtrarla ed espellerla adeguatamente. Tale fenomeno è accentuato nei soggetti con insufficienza renale o cardiaca cronica. Tutto ciò porta ad uno scompenso dell’equilibrio elettrolitico e a una diminuzione dei livelli di sodio nel sangue e formazione di edemi (gambe gonfie). È la condizione di cosiddetta iperidratazione, che comporta anche un aumento di volume delle cellule che, detto in parole semplici, si riempiono d’acqua. Questo è un problema, soprattutto per alcuni tipi di cellule, come quelle cerebrali, che sono contenute nello spazio limitato del cranio. Ed è un problema anche per il cuore, che si trova a faticare di più per movimentare un volume ematico aumentato. In rari casi l’eccesso di acqua neutralizza la capacità del rene di eliminare urine concentrate determinando una dispersione di liquidi (diabete insipido nefrogenico) che alimenta il disturbo primitivo (polidipsia).
Leggi l’approfondimento sulla dieta per la salute dei reni
Articolo revisionato dagli Specialisti in Nefrologia presso la Clinica Nuova Itor di Roma
Bere poca acqua: cosa comporta e perché fa male
Bere poca acqua fa male alla salute. Purtroppo, però, sono molte le persone che hanno la cattiva abitudine di non bere abbastanza durante il giorno. Ma quali sono i sintomi che fanno capire che si sta bevendo poco? Quali le conseguenze negative (soprattutto per reni e cuore)? E come fare per abituarsi a bere abbastanza? Un breve approfondimento dedicato al tema.
Una delle cattive abitudini più diffuse quando si parla di salute e benessere è quella di non bere abbastanza acqua. Infatti, anche se bere sembra un atto molto semplice e intuitivo (oltre che importantissimo), tante persone non lo fanno con la dovuta frequenza.
Di seguito, ecco alcuni dei principali motivi per cui bere fa bene:
- Favorisce la crescita muscolare;
- Regola la temperatura corporea;
- Regola la produzione di ormoni;
- Compatta i tessuti (come nel caso della pelle);
- Migliora la densità del sangue;
- Sostiene la protezione di midollo spinale, cervello e occhi;
- Favorisce l’eliminazione degli scarti;
- Regolarizza la digestione;
- Lubrifica le articolazioni
- Fluidifica le secrezioni
Quanta acqua bere al giorno dipende da una pluralità di fattori ma in linea di massima, per un adulto, il fabbisogno si aggira intorno ai 2-2,5 litri. Quindi, non un quantitativo esagerato. Allora, perché risulta tanto faticoso raggiungere questo traguardo?
“Perché non bevo abbastanza?”
Le ragioni che spingono a non bere abbastanza sono molteplici e spesso hanno a che fare con lo stile di vita che si conduce, magari troppo frenetico. Il primo motivo che porta a non bere è il non avvertire il senso di sete, che si genere quando il corpo percepisce di non essere abbastanza idratato. In rari casi, la poca sete può essere spia di una patologia seria. Di norma, invece, è una condizione che dipende da fattori soggettivi e oggettivi. Ad esempio, in inverno, di solito, si ha meno sete rispetto all’estate, perché fa meno caldo. Allo stesso modo, chi ama bere bibite gassate tende a consumare meno acqua perché per lui non abbastanza appagante. In questo caso, un buon compromesso sono le tisane o le acque aromatizzate. Anche chi passa molte ore fuori casa è solito bere poco perché magari non ha a disposizione acqua. Il consiglio è di portare sempre con sé una fonte di acqua: bottiglietta di plastica o meglio una borraccia da riempire all’occorrenza (se si ha a cuore il rispetto dell’ambiente!).
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Sintomi e segnali che stai bevendo poca acqua
L’importanza dell’acqua per il corpo umano fa si che la sua mancanza provochi diversi segnali di allarme. I sintomi che si sta bevendo poco sono diversi. Tra i più frequenti ci sono:
- Occhi secchi;
- Bocca secca;
- Pelle secca;
- Mal di testa;
- Aumento del senso di fame;
- Affaticamento;
- Debolezza;
- Urine scure;
- Stitichezza;
- Tachicardia;
- Ipotensione ortostatica
- Capogiri;
- Ritenzione idrica.
Cosa comporta bere poco: le conseguenze negative per reni e cuore
Se bere poco diventa un’abitudine di lungo corso e la scarsa idratazione si protrae nel tempo, le conseguenze possono essere anche molto serie. I primi organi a farne le spese sono i reni. Non bere abbastanza, infatti, può aumentare il rischio di formazione di calcoli renali o provocare infezioni delle vie urinarie. In alcuni casi uno stato di disidratazione acuisce fenomeni di insufficienza renale acuta e peggiora l’insufficienza renale cronica.
Anche l’apparato cardiocircolatorio può essere messo a dura prova dall’insufficiente presenza di acqua nel corpo. La disidratazione, infatti, affatica il cuore, perché provoca un aumento della frequenza cardiaca, associata a una diminuzione della pressione sanguigna.
Leggi l’approfondimento sulla dieta per la salute dei reni
Articolo revisionato dagli Specialisti in Nefrologia presso la Clinica Nuova Itor di Roma
Tamponi Covid 19, Drive-in aperto anche il 31 dicembre
Presso il Drive-in Nuova Itor si eseguono tamponi per il rilascio del green pass, valido per 48 ore dal momento del prelievo. Il Drive-in per l'esecuzione dei tamponi anti Covid-19 è aperto dalle 8 alle 10,30. Durante le festività natalizie sarà aperto anche sabato 31 dicembre, con lo stesso orario.
Per informazioni e prenotazioni è possibile chiamare il numero 06416021 o scrivere a serviziotamponi@clinicanuovaitor.it
Presso la struttura sono disponibili 3 tipologie di tampone:
- Test antigenico rapido, al costo di 15 euro
- Test antigenico semiquantitativo con indice COI, al costo di 20 euro
- Test antigenico microfluidico, al costo di 22 euro
- Test molecolare, al costo di 60 euro